Oggi al Quirinale, in occasione della cerimonia commemorativa del quarantesimo anniversario dell'assassinio dei magistrati N. Giacumbi, G. Minervini, M. Amato, G. Costa, G. Galli e del trentennale dell'omicidio di R. Livatino, il Presidente della Repubblica è intervenuto in modo durissimo e tagliente sull'attuale confusione che aleggia attorno all'Ordine Giudiziario.
Il monito del Presidente
Senza ricorrere a mezzi termini, seppur con il consueto rigore espositivo, il Presidente Mattarella ha oggi pronunciato dinanzi ai membri del Consiglio Superiore della Magistratura e del Comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura un discorso dal sapore amaro. Le parole scelte risultano difficili da ignorare per il grande peso che sono destinate ad assumere nell'ambito dell'accesissimo dibattito che ruota attorno alla fiducia nell'Ordine Giudiziario. Un dibattito le cui cause hanno generato nell'opinione pubblica un profondo clima di sfiducia sulla trasparenza dell'azione della magistratura. Le parole di elogio rivolte ai magistrati "uccisi perché simbolo dello Stato democratico e inclusivo, che per risolvere i conflitti segue i principi della Costituzione, secondo le regole proprie dello Stato di diritto" si contrappongono nettamente alle considerazioni che Mattarella ha riservato alle vicende di Perugia:
"La documentazione raccolta dalla Procura di Perugia sembra presentare l’immagine di una magistratura china su stessa, preoccupata di costruire consensi a uso interno, finalizzati all’attribuzione di incarichi"
"Questo fenomeno si era disvelato nel momento in cui il CSM è stato chiamato, un anno addietro, ad affrontare quanto già allora emerso. Quel che è apparso ulteriormente fornisce la percezione della vastità del fenomeno allora denunziato; e fa intravedere un’ampia diffusione della grave distorsione sviluppatasi intorno ai criteri e alle decisioni di vari adempimenti nel governo autonomo della Magistratura"
Il caso Palamara
Il triste fatto alla quale si fa riferimento riguardo l'inchiesta per corruzione su Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati. Tale inchiesta ha investito - per effetto di un intreccio di concatenazioni e appartenenze - anche il Csm. Palamara secondo gli inquirenti costituiva il centro di un "perno direttivo" che pilotava nomine di rilievo strategico. Lo scandalo portò cinque consiglieri ad abbandonare l'incarico, essi sono: C. Cartoni, L. Lepre, L. Spina, L. Morlini, P. Criscuoli. Oltre all'imputazione di corruzione Palamara è stato accusato di aver tentato di influenzare la nomina del prossimo procuratore capo di Perugia. Proprio alla procura del capoluogo umbro spetta infatti la competenza di indagine sui magistrati romani, tra cui figura anche il suo nome. Tale procura è oggi affidata a Raffaele Cantone che in settimana ha visto trionfare la propria candidatura a scapito del concorrente Luca Masini (procuratore capo di Salerno con 27 anni di esperienza tutti in veste di pubblico ministero, oltretutto in molteplici procure). Con 12 voti contro 8 la candidatura di Cantone è stata ufficializzata e adesso spetterà al procuratore napoletano ex Anac l'onere di indagine sui magistrati romani. Oltre ai già citati consiglieri e all'ex presidente dell'Anm risultano coinvolti nella vicenda - che risale al maggio scorso - anche Luca Lotti (ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante il Governo Renzi e Ministro dello Sport ai tempi dell'esecutivo guidato da Gentiloni) e Cosimo Ferri (anch'egli deputato del Partito Democratico). Entrambi avrebbero partecipato ai vertici in cui si negoziavano le nomine. In merito alle dimissioni dal Csm dei consiglieri - tutti di nomina non politica - va sottolineato che essi non hanno commesso reato; tuttavia sarebbero sospettati di aver comunicato a Luca Palamara di essere indagato, comportando grave "discredito" sulla categoria cui appartengono. In merito alle conseguenze nefaste di queste azioni, che ben evidenziano la "modestia etica" dei personaggi coinvolti, Mattarella ha ribadito:
"Non può essere in alcun modo sottovalutato che queste vicende hanno gravemente minato il prestigio e l’autorevolezza dell’intero Ordine Giudiziario, la cui credibilità e la cui capacità di riscuotere fiducia sono - ripeto - indispensabili al sistema costituzionale e alla vita della Repubblica"
La sensazione è quella di non conoscere ancora a fondo la verità. E' infatti possibile (se non addirittura prevedibile) che l'indagine della procura di Perugia si estenda ulteriormente. Certamente è necessario che il richiamo alla responsabilità istituzionale operato dal Presidente della Repubblica venga recepito da chi di dovere e l'auspicio è che possa fungere da stimolo per tutti i giovani cittadini che ripongono doverose speranze nel frutto del proprio onesto lavoro. Tra costoro un riferimento speciale va ai magistrati del domani i quali hanno l'obbligo morale di deviare da percorsi legalmente sdrucciolevoli e assumere come esempio l'azione di illustri predecessori, dei quali la storia della nostra Repubblica abbonda. Uomini che "hanno svolto la loro attività, con coraggiosa coerenza e autentico rigore, senza rincorrere consenso ma applicando la legge. Fedeli soltanto alla Costituzione. È questa l’unica fedeltà richiesta ai servitori dello Stato a tutela della democrazia su cui si fonda la nostra Repubblica."
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