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Luigi Sorrentino

Serve un nuovo progetto a Sinistra

“Entrare nel PD ora? Letta ha già abbastanza problemi”

Pier Luigi Bersani



Leggendo l’intervista di Luciano Nigro al presidente di Articolo Uno, Pier Luigi Bersani, pubblicata oggi su laRepubblica, si manifesta con rinnovata chiarezza l’intenzione dell’ex segretario del PD di non rientrare nel partito che ha contribuito a fondare. Bersani è convinto della necessità di ricostruire un campo progressista all’interno del quale il PD sia – citando Ezio Mauro – soltanto “un inquilino importante” e non il padrone del condominio.

E' necessario un nuovo progetto all’insegna del pluralismo, della partecipazione e dell’apertura all’esterno, la stessa richiesta dalle Sardine dopo l’incontro al Nazareno e da tantissime altre realtà sociali e civiche presenti sul territorio nazionale. Non si può negare che il PD abbia nel tempo smarrito la propria identità di partito democratico-progressista – sebbene in molti siano convinti (non a torto) che non l’abbia mai avuta – eppure, nonostante le lacerazioni interne imputate alle correnti, è stato quasi sempre parte integrante della compagine di governo. Come ha sottolineato a più riprese Gianni Cuperlo ciò ha portato ad un serio distacco tra il partito, arroccato nel Palazzo, e la realtà, all’interno della quale la base si è sentita smarrita e resa poco partecipe.

E ora? Sta iniziando una nuova fase? Presto per dirlo. Ancora una volta dalle consultazioni per l’elezione del segretario è emerso un esito schiacciante (nell’ultimo caso si è addirittura sfiorata l’unanimità), ma questo tripudio di consensi pare essere l’ennesimo malcelato tentativo di trasmettere coesione mentre si naviga a vista nella bufera. A domare la tempesta è stato richiamato l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, politico serio e apprezzato oltreconfine, europeista, moderato e moderatore che nel discorso di insediamento ha (ri)lanciato dei concetti cari alla Sinistra e al suo elettorato. Le parole d’ordine sono state Ius Soli, ambiente, giovani. Temi di grande rilevanza e attualità sulla quale la precedente dirigenza di partito aveva tentennato, e non poco, probabilmente per via del classico timore di “dire qualcosa di sinistra” (parafrasando Nanni Moretti). Bersani questo timore non l’ha mai mostrato, esponendosi sempre per rivendicare valori e concetti che hanno caratterizzato la storia del suo primo partito, il PCI. Oggi, a riprova di ciò, chiede a Draghi di impegnarsi per una legge sulla rappresentanza sindacale che garantisca la validità erga omnes dei contratti collettivi firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi (il famoso nodo irrisolto dell’art. 39 della Costituzione del quale abbiamo più volte parlato in questo spazio) e una riforma del fisco “con forti contenuti di progressività”. Letta, che fu suo vicesegretario, sembra deciso a dare una nuova impronta al partito spostandolo su posizioni progressiste, ma questo non basta a spingere Bersani a tornare a casa. Non perché quest’ultimo non è d’accordo con il messaggio promosso dal nuovo segretario – fu infatti proprio lui a sollevare prima di tutti il tema della cittadinanza quando era candidato alle politiche del 2013, quelle della “non-vittoria” – ma perché serve qualcosa di nuovo e non una “fusione di vertice”. Occorre un campo largo che includa il dialogo con i cinquestelle che necessitano, certo, di raggiungere la piena maturazione politica, ma che vanno al contempo considerati come alleati nell’ambito della stessa coalizione. Proprio per questo il ruolo di Giuseppe Conte in questa partita è tutt’altro che scontato: l’ex premier è chiamato ad un compito difficile, come del resto Enrico Letta, ma se questo processo di definizione identitaria dovesse avere buon esito sarebbe realmente possibile costruire una “nuova Cosa”. Lo richiedono in tanti, soprattutto gli elettori delusi che si sono progressivamente allontanati dai partiti di centrosinistra e che, in alcuni casi, hanno rinunciato alla partecipazione politica. Le linee guida ci sono, ne ha parlato il nuovo segretario democratico e soprattutto quel sessantanovenne lì, figlio di un meccanico, che quando è stato ministro ha portato risultati (poco spesso citati) dimostrandosi, oggi come allora, uno dei pochi fari accesi in mezzo al buio in cui è avvolta la sinistra in Italia.

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