I fatti di Napoli scuotono e dividono l’opinione pubblica: c’è chi sostiene la rivolta e accusa il presidente della Campania De Luca e chi invece condanna senza appello il comportamento incivile dei manifestanti.
Ma chi sono i manifestanti scesi in strada, dal centro storico a via Santa Lucia fino al palazzo della Regione?
Principalmente commercianti e partite iva con striscioni che recitano "Tu ci chiudi, tu ci paghi", ma anche studenti. Eppure a partecipare al dissenso collettivo non c’erano solo queste categorie: ultras, agitatori, estremisti di Forza Nuova e altre associazioni politiche di estrema destra si sono mischiati ai manifestanti.
Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, ha lanciato ieri questo messaggio sul proprio profilo twitter:
"Il vigore tipico della nostra gente". Difficile non sorridere dinanzi ad affermazioni come questa, ma oltre al sorriso irriverente emerge anche un po' di rabbia, perché persistono le minoranze incapaci di comprendere la storia o semplicemente negazioniste anche verso di essa. Un "vigore" che strizza l'occhio al mito sadico dello squadrismo, un "vigore" da portare in tribunale e condannare (non è soltanto una la legge che potrebbe e dovrebbe intervenire in questi casi).
La città ha subito l’onda d’urto dell’azione di frange tanto minoritarie quanto violente, gruppi di individui organizzati che non si sono lasciati sfuggire l’occasione di inquinare una protesta legittima e pacifica. Il risultato è stato una notte di guerriglia urbana, tra cassonetti incendiati, giornalisti aggrediti e scontri con le forze dell’ordine. Non è certo la prima volta che l’estrema destra tenta di intrufolarsi nel malcontento che serpeggia tra le categorie più fragili, che rischiano di perdere tutto con una nuova chiusura e che in Campania sono state colpite dalle parole e dai metodi comunicativi del presidente Vincenzo De Luca.
La risposta del Viminale non si è fatta attendere.
Il ministro dell’interno Lamorgese ha condannato gli scontri esprimendo solidarietà a giornalisti e forze dell’ordine:
“Sono inaccettabili e da condannare con la massima fermezza gli atti di violenza organizzati come quelli accaduti ieri sera a Napoli, sui quali la Procura sta già indagando”
“Esprimo la solidarietà e la vicinanza agli appartenenti alle Forze dell'ordine, alla polizia locale e ai militari che sono stati aggrediti e in alcuni casi sono rimasti feriti nelle strade del capoluogo partenopeo durante veri e propri episodi di guerriglia urbana. Ieri sera le Forze di polizia, che ringrazio per la dedizione, la professionalità e l'equilibrio con cui stanno svolgendo funzioni molto delicate, hanno dovuto fronteggiare attacchi preordinati che hanno colpito anche alcuni giornalisti impegnati nel difficile e doveroso compito di assicurare la libera informazione ai cittadini.”
(Photo credits: Daniele Fiori)
Autoritarismo e linguaggio iperbolico
L’origine del dissenso che ha spinto i commercianti alla protesta riguarda in prima istanza le dichiarazioni di Vincenzo De Luca che attraverso i propri canali social aveva comunicato, nella giornata di ieri, l’urgenza di un nuovo lockdown:
“I dati attuali sul contagio rendono inefficace ogni tipo di provvedimento parziale. È necessario chiudere tutto, fatte salve le categorie che producono e movimentano beni essenziali (industria, agricoltura, edilizia, agro-alimentare, trasporti). È indispensabile bloccare la mobilità tra regioni e intercomunale. Non si vede francamente quale efficacia possano avere in questo contesto misure limitate. In ogni caso la Campania si muoverà in questa direzione a brevissimo.”
Un’affermazione coerente con il linguaggio iperbolico e la linea dura sostenuta dal presidente della regione Campania, o almeno così sembra. Se, infatti, nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria De Luca non ha mai perso occasione per ostentare fermezza, durante questa estate non è parso particolarmente preoccupato dalla situazione Covid in Campania. Certo, qualche mese fa il numero di contagi non destava particolari timori ma come evidenzia l’andamento delle curve epidemiologiche i risultati di comportamenti irresponsabili si riflettono sui dati nelle settimane successive.
Si potrebbe dire che la Campania sta scontando l’eccessiva mobilità estiva, mista ad irresponsabilità amministrative oltre che civili. Discoteche aperte, casi di ritorno da altre regioni e altre nazioni (Grecia e Croazia su tutte), assembramenti nelle spiagge e nelle piazze della movida hanno portato la Campania ad essere la terza regione italiana per numero di contagi giornalieri.
Oggi il primo cittadino campano insiste sulla necessità di spingere il governo a mettere in campo misure più restrittive ma nel recentissimo passato non si è preoccupato di sollecitare l’esecutivo ad intraprendere scelte più drastiche sui vettori di contagio citati. Evidentemente la campagna elettorale, il cui esito gli ha riconsegnato le chiavi della regione, era in cima alle priorità dello “sceriffo”. De Luca spinge l’acceleratore sulla fermezza, sulla compostezza e sulla tragicomicità degli eventi che egli tratta spesso in modo dialetticamente superficiale come se il suo intento fosse divertire e ispirare fiducia anziché rendere consapevole la popolazione dei rischi e delle difficoltà da affrontare.
Questa spinta alla sensibilizzazione non è assente ma eccessivamente subordinata al consenso, filtrata e costruita artificiosamente per rafforzare la propria posizione. Ciò rappresenta un serio limite alla good governance, intesa come capacità di governare in modo serio e sincero, collaborando con altri attori istituzionali e altri livelli di governo senza mistificazioni e teatrini di terza classe e soprattutto senza ricorrere al mito dell’uomo forte, del capo che decide in autonomia e le cui decisioni vanno rispettate, nel bene e nel male.
I fatti di Napoli sono un campanello d’allarme sociale: parte della popolazione è alle corde e altre componenti della società civile, del mondo politico ed extraparlamentare sfruttano il malcontento e la sfiducia verso le istituzioni per amplificare la percezione di disagio sociale, seminare caos e violenza, da sempre i principali vettori che spingono le folle a richiedere sicurezza e cambiamento.
E' l'esecutivo il bersaglio di questo processo che alterna violenza, negazionismo e propaganda anti-establishment? Sì, ma non solo. Il bersaglio sono le persone, i cittadini italiani in difficoltà economica, spaventati dall’ipotesi di una nuova chiusura e storditi dalla disinformazione e dall’allarmismo propinato da alcuni mass media.
A farne le spese è principalmente la città di Napoli, colpita dall'ennesima critica generalizzata.
Comments