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Gian Marco Renzetti

Consiglio dei Diritti Umani ONU: dentro Cina e Russia, fuori Riyadh

L'elezione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di martedì 13 ottobre ha sancito l'ingresso di 15 nuovi paesi all'interno dell'organo ONU con base a Ginevra. Di questi, almeno due sono oggetto di polemiche e discussioni intorno alla legittimità del loro operato nel corso degli ultimi anni.


Le elezioni

I membri dell'assemblea generale delle UN (qui l'elenco di quelli attualmente in carica) eleggono a maggioranza i membri del Consiglio dei Diritti Umani, l'organo fondato nel 2006 con il delicato compito di vigilare, investigare ed intervenire sulle violazioni delle condizioni umanitarie dei paesi del mondo. L'organo esamina la situazione dei diritti umani dei vari paesi membri con un esame periodico. I membri sono 47 e rimangono in carica 3 anni, possono essere rieletti al più per un secondo mandato. Le elezioni di martedì scorso prevedono l'ingresso di 15 nuovi membri che andranno a sostituire altri paesi dal 1 gennaio 2021. I neo-eletti sono ripartiti per aree geografiche in questo modo: 4 stati dell'Africa, 4 stati dell'Asia, 2 dell'Est-Europa, 2 dell'America Latina e 2 dell'Europa occidentale. Tuttavia la somma di tutti i candidati eleggibili è di 16 paesi per 15 posti. Infatti, tra i candidati dell'Asia uno è rimasto fuori: l'Arabia Saudita. Fanno ingresso nel Consiglio il Pakistan con 169 voti, l'Uzbekistan con 164, il Nepal con 150 e la Cina con 139. Riyadh prende appena 90 voti, a fronte delle 152 preferenze ottenute per il suo ultimo mandato dal 2017 al 2019. Le ragioni legate all'esclusione dell'Arabia vanno sicuramente ricercate nella mancanza di progressi compiuti nell'ambito dei diritti delle donne e dell'incremento delle sentenze di morte che, nel 2019, hanno visto un picco nella regione araba (184 condanne per decapitazione).


La polemica

Se l'Arabia Saudita non ha ottenuto il seggio al Consiglio dei Diritti Umani a causa delle numerose violazioni, non si spiega comunque l'ingresso della Cina che, secondo il report di Amnesty International, detiene lo scomodo primato per numero di condanne a morte. Infatti si stima che il governo cinese sia lo stato con il più alto numero di esecuzioni al mondo, pur non essendo possibile ottenere dati certi a causa del segreto di stato sui numeri delle condanne. Inoltre le proteste di Hong Kong sono un altro elemento che mette in discussione l'operato del governo cinese in termini di diritti umani e di trasparenza.

Ma le divergenze non finiscono qui. La Cina è stata oggetto di critiche da parte di molti paesi in Occidente per la vicenda degli Uiguri dello Xinjiang, regione della Cina nord-occidentale situata tra Kazakistan e Mongolia; l'area è di particolare interesse strategico per il governo di Xi-Jinping poiché, aggirando a nord il complesso montuoso tibetano, è il territorio su cui andranno a diramarsi le nuove "via della seta" di Pechino. Il governo cinese sta operando nell'area una drastica "sinizzazione" delle popolazioni indigene (questo articolo lo spiega molto bene), non proprio in linea con le direttive sui diritti umani.


Altro nodo da sciogliere riguarda la posizione della Russia, anch'essa neo-eletta nel Consiglio di Ginevra. Le ultime vicende, riguardanti il tentato omicidio attraverso avvelenamento del leader dell'opposizione russa Alexei Navalny, hanno portato alla decisione dei ministri degli Esteri Europei di apportare sanzioni al governo di Putin. La proposta franco-tedesca è stata approvata mercoledì 14 ottobre e ha visto l'immediata risposta del ministro degli Esteri Russo Sergei Lavrov che respinge ogni coinvolgimento nella vicenda e ammette di "agire di conseguenza".


Cosa aspettarsi

Nel 2018 gli USA di Donald Trump si sono ritirati a metà mandato dal Consiglio dei Diritti Umani a causa delle posizioni dell'Organo ONU nei confronti di paesi come Israele e anche a causa della reticenza del Consiglio ad approvare riforme. Ad oggi, quindi, a far parte del Consiglio troviamo Italia, Francia e UK (questi due neo-eletti), Austria, Danimarca e Spagna in Europa, assieme a Bulgaria, Rep. Ceca, Slovacchia, Ucraina e, da gennaio, anche la Russia. In Asia il peso politico della Cina in Africa e in medio Oriente, dell'Afghanistan, del Qatar e dell'India rischia di mettere in pericolo la tenuta del Consiglio dei Diritti Umani e, di conseguenza, delle Nazioni Unite, facendo guadagnare l'accesso al vertice dell'Organizzazione a stati con regimi ben poco democratici.


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