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Luigi Sorrentino

Cosa ci dicono i risultati delle regionali

La tornata elettorale si conclude in sostanziale parità: 3 regioni al centrodestra, 3 al centrosinistra. Ma vi sono dati significativi che riguardano in particolar modo l'affluenza, la "mancata conquista" di regioni chiave e il ridimensionamento di alcune forze politiche.


Prima dello spoglio, iniziato ieri alle ore 15:00, i leader dei partiti di maggioranza e opposizione non erano certi degli scenari che potevano delinearsi e hanno ostentato (o lasciato trasparire) sensazioni differenti: Salvini si prospettava abbastanza ottimista, Meloni sperava silenziosamente nella vittoria nelle Marche, Di Maio e Crimi pregavano per il salvifico successo del "Sì" al referendum mentre Zingaretti era forse ancora confuso a causa degli attriti interni alla coalizione di Governo, divergenze che hanno spinto i dem e i pentastellati ad "allearsi" soltanto in Liguria. In Toscana e in Puglia c'era il rischio ballottaggio ma alla fine è stato scongiurato; in Veneto e Campania le affermazioni più nette.

Per il segretario del Partito Democratico è una giornata certamente positiva, definirla tale è scontato poiché al contrario degli alleati ha da gioire su due fronti: sia in seguito al risultato del referendum che in relazione ai dati emersi dall'importante appuntamento regionale. In un'intervista a Radio Radicale rilasciata ieri alle 17:15 Zingaretti coglie anche l'occasione per lanciare un monito alla compagine pentastellata:

"Dai dati emerge che se i nostri alleati ci avessero dato retta di più l'alleanza di governo probabilmente avrebbe vinto quasi tutte le regioni italiane"

Stando ai risultati non sembra un'ipotesi tanto velleitaria che le gerarchie interne alla coalizione governativa possano incamminarsi verso una fase di revisione e analisi dei pesi specifici.





Le tabelle sottostanti mostrano un'analisi comparata tra le elezioni regionali del 2015 e quelle di quest'anno e da questo confronto emergono due dati interessanti: il primo riguarda l'indicatore della partecipazione, l'affluenza, mentre l'altro invece è un dato prettamente politico, precisamente l'erosione del consenso del Movimento 5 Stelle.

In merito all'affluenza è obbligatoria una premessa: in molte delle regioni trattate, tra le elezioni del 2010 e quelle del 2015 si è riscontrato un vistoso calo (in Campania circa dell'11%). Dunque il dato evidenziato dalle tabelle è ancor più eclatante poiché rivela una significativa inversione di tendenza, in ciascuna di queste regioni si è registrato un aumento della partecipazione al voto (in Toscana, rispetto al 2015, addirittura del 14%).

Il dato politico, aldilà del "pareggio" tra forze di governo e opposizione, riguarda la discesa pentastellata, capace di perdere più di 7 punti percentuali in Puglia e Campania, oltre 8 punti in Veneto e Toscana, e persino 13 nelle Marche. Un chiaro segnale di implosione nonostante gli esponenti di spicco del partito stiano ostentando il "successo" ottenuto attraverso il referendum costituzionale. Ma si può parlare di vittoria storica quando c'è ancora una legge elettorale da realizzare e, soprattutto, dopo aver perso larga parte del consenso per strada?



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