Le recenti vicissitudini ungheresi non hanno ottenuto il dovuto risalto dalle istituzioni sovranazionali, né in merito al conferimento dei pieni poteri al capo del Governo, né riguardo le ripugnanti limitazioni della libertà sessuale imposte poco dopo.
Ma procediamo con ordine, iniziando col dire perché oggi è particolarmente rilevante fare menzione dei diritti civili e in particolare delle libertà sessuali,
Il 6 aprile 1895 Oscar Wilde venne accusato di "grave indecenza" in relazione alla scoperta della sua omosessualità. Verrà condannato il 26 aprile a due anni di detenzione e lavori forzati. Nel periodo di prigionia Wilde compose il celebre "De Profundis", lettera scritta al compagno Alfred Douglas nei primi mesi del 1897, mentre era detenuto a Reading, in precedenza l'aveva ospitato la prigione di Pentonville.
"La tragedia più orribile di tutta la storia della letteratura"
Con queste parole Hall Caine, anch'egli scrittore e commediografo britannico, commentò la sentenza appena emessa.
Il ricordo di questo ed altri avvenimenti simili induce sempre alla riflessione, ma ancor di più in questi giorni. Il riferimento, come si rivelava pocanzi, è rivolto a quanto sta accadendo in Ungheria, dove l'assegnazione dei pieni poteri al primo ministro Orban - che include le facoltà di legiferare per decreto senza una scadenza stabilita e di sciogliere addirittura l'assemblea legislativa - ha subito prodotto i primi effetti: da questo momento le autorità ungheresi sono impossibilitate al riconoscimento, sui documenti d'identità, di un diverso gender per le persone che hanno scelto di cambiare sesso, nel pieno esercizio della propria autonomia e libertà sessuale.
"Cambiare il proprio sesso biologico è impossibile, i caratteri sessuali primari e le caratteristiche cromosomiche sono immutabili e non possono essere modificate da nessun ufficio di registro dello Stato civile magiaro"
Con queste terrificanti parole si esprime la legge fortemente voluta dal vice primo ministro Zsolt Semjen [1]. Un atto di gravissima omofobia - non adeguatamente considerato dalle istituzioni europee - che mira alla soppressione delle diversità e delle libertà individuali fondamentali, pilastri di ogni società di buonsenso.
Ma il capo dell’esecutivo ungherese non è il solo esponente politico ad aver rilasciato dichiarazioni infamanti nei confronti della comunità LGBTQ. Tra i capifila di questo triste teatrino ultracattolico, quasi medioevale, è d’obbligo menzionare anche Jair Bolsonaro, attuale Presidente brasiliano ed ex capitano dell’esercito. Nel 2018 vince le lezioni ottenendo circa il 55% al secondo turno elettorale, rendendo reali i timori di chi lo conosce bene. Già nel 2002 si rese protagonista di una dichiarazione di rara brutalità: “se vedo due uomini che si baciano per strada, li uccido”, nel 2011 dimostra di non aver cambiato affatto idea e ribadisce: “Sarei incapace di amare un figlio omosessuale. Non sarò un ipocrita: preferirei che mio figlio morisse in un incidente piuttosto che presentarsi con un tipo con i baffi” [2]. Sembra impossibile affermare di peggio ma nel 2019 arriva addirittura a sostenere che l’omofobia sia dettata dal cristianesimo, e per questo nel corso della “Convenzione nazionale delle assemblee di Dio” - a Madureira - rivendica che fosse giunto il momento di avere un giudice evangelico alla Corte Suprema, e conclude dicendo: “La Corte suprema sta attualmente discutendo se l’omofobia possa essere tipizzata come razzismo. (…) Lo stato è laico, ma io sono cristiano”. [3]
Bolsonaro è stato spesso paragonato al Presidente Trump, certamente non estraneo a passi falsi in tema di diritti LGBTQ. Tra i più gravi si ricorda la partecipazione nel 2017 alla conferenza del gruppo religioso e omofobo “Faith and Freedom Coalition”, avvenuta tra l'altro a distanza ravvicinata dall’anniversario della “strage di Orlando” risalente al giugno 2016. Il tragico evento, di presunta matrice omofobica, in cui persero la vita 49 persone, causò manifestazioni delle comunità LGBTQ in tutto il mondo [4]. Il primo cittadino statunitense forse non ricorda le grandi battaglie in materia di diritti civili combattute nel suo Paese. Forse non ha memoria del periodo del "lavander scare", campagna persecutoria verso le persone non eterosessuali che negli anni cinquanta marciava di pari passo con il "maccartismo" anticomunista; forse non ha memoria della “Briggs Initiative”, meglio conosciuta come “California Proposition 6”, un’iniziativa politica portata avanti in California che aveva lo scopo di concedere il permesso di licenziamento degli insegnanti dichiaratamente gay. La proposta non passò, perché a ostacolarne l’attuazione c’erano uomini ben diversi da Trump, Bolsonaro o Orban, c’era Harvey Milk, primo gay dichiarato ad essere eletto ad una carica politica negli Stati Uniti, che confrontandosi, anche pubblicamente, con John Briggs riuscì a convincere la popolazione californiana della assurdità insita in quella proposta e della grave violazione di diritti che avrebbe comportato. Con ogni probabilità Milk già sapeva di essere destinato a diventare un martire per il movimento di liberazione omosessuale, verrà assassinato dall’ex consigliere comunale Dan White il 27 novembre 1978, lasciando una traccia indelebile nella storia della lotta per l'affermazione di diritti fondamentali.
Il conservatorismo cieco ancorato ai fondamenti dell’ortodossia cattolica rappresenta il principale nemico di molti diritti civili, in particolare di quelli relativi alla libertà sessuale. Per questo provocano disgusto ed infinita tristezza gli incessanti richiami alla “famiglia tradizionale” e ai tentativi di marcare una linea di confine tra noi e "loro", i normali e i diversi. L'omosessuale, l'immigrato, il povero hanno in comune l'odio che gli viene sapientemente riversato contro dai demagoghi di turno, creatori di minacce e allarmismi tanto infondati quanto capaci di far breccia nell'opinione pubblica, di impadronirsi del sentimento popolare e veicolarlo a piacimento. Menti poco abituate al ragionamento e mai realmente educate alla comprensione e al rispetto delle diversità del mondo cadono vittime di questa propaganda.
Nel 1897 il sessuologo tedesco Magnus Hirschfeld, unitamente ad un gruppo di intellettuali, fondò a Berlino il Wissenschaftlich-humanitares Komitee (Comitato scientifico-umanitario) o WHK. Fu il primo grande passo di un percorso ancora incompleto. La ratio che muoveva il WHK era il tentativo di mobilitazione dell'opinione pubblica contro il paragrafo 175, inserito nel codice penale all'epoca di Bismarck, che puniva con l'omosessualità con la reclusione [5]. Il Comitato in tal proposito organizzò una raccolta di firme che, tra i tanti, riportano la sottoscrizione di Albert Einstein, Lev Tolstoj, Thomas Mann, Hermann Hesse. Quel tentativo non diede esito positivo, il paragrafo 175 resterà in vigore fino al 10 marzo 1994. Nonostante la prima vera forma di organizzazione per l'ottenimento dei diritti inerenti la libertà sessuale risalga quindi al 1897, in 200 anni l'umanità non è ancora riuscita a rendersi conto che amare qualcuno prescinde dal genere.
L'ipocrisia e il bigottismo dilaganti nell'età Vittoriana, che tanto sono costati ad Oscar Wilde, sono ancora saldamente in salute e continuano a manifestarsi anche nella nostra epoca. Le svolte autoritarie e conservatrici che riscuotono sempre maggior consenso nel mondo ci indicano che c'è ancora tanta strada da percorrere per l'affermazione completa dei diritti della comunità LGBTQ. Tale affermazione potrà avvenire soltanto attraverso un'azione simultanea su due fronti: uno micro e l'altro macro. Il primo si riferisce all'educazione alla memoria, che i singoli individui hanno il dovere di tramandare; il secondo riguarda una reale e coscienziosa presa di posizione internazionale che non si limiti però alle vuote condanne di circostanza, come avvenuto per l'ennesima volta in questi giorni.
Gay brothers and sisters,…You must come out. Come out… to your parents… I know that it is hard and will hurt them but think about how they will hurt you in the voting booth!
H. Milk, "That's What America Is" - Gay Freedom Day (25/06/1978) in San Francisco. [6]
Bibliografia
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