L'idea della Governance come "orchestra" si scontra con i limiti del decentramento
- Luigi Sorrentino
- 17 apr 2020
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 21 mar 2021
Si moltiplicano le polemiche attorno al decentramento amministrativo. Regioni e Comuni sono spesso accusati di compromettere la coerenza – e quindi l’efficacia – della risposta nazionale alla crisi sanitaria ed economica. Chi sta sbagliando?
Decentramento "in pillole"
Il grado di autonomia: 3 assetti organizzativi
Iniziamo dal distinguere diverse conformazioni possibili della struttura di Governo di un Paese. I sistemi che potremmo definire principali, in virtù della loro maggiore diffusione, sono la “deconcentrazione”, il “decentramento” e il “federalismo”. Un sistema di governo deconcentrato si caratterizza per un basso grado di autonomia amministrativa, è cioè una strutturazione che riserva al governo centrale le facoltà direttive e, a differenza del decentramento e del federalismo, “non interrompe l’ordine gerarchico” relativo alla delega delle competenze di governo (si consiglia di consultare questo link per ulteriori chiarimenti: http://www.treccani.it/enciclopedia/deconcentrazione-diritto-amministrativo/). Il decentramento, invece, è sostanzialmente un compromesso tra due poli, si caratterizza infatti per la devoluzione di alcune importanti facoltà ai livelli di governo periferici, inoltre si concede a tali amministrazioni di godere di una più ampia autonomia fiscale. Infine esistono i sistemi federali, quelli con un grado di decentramento amministrativo e fiscale molto elevato.
Il modello italiano del “federalismo parziale”
Un esempio di governo federale è la Repubblica federale di Germania, la quale è suddivisa in “Land”, tra cui Baviera, Turingia e Sassonia si classificano ulteriormente poiché accanto al nome proprio presentano l’aggettivo “freistaat” ovvero “stato libero”. Gli Stati federati tedeschi sono sedici e rispondono, come le nostre regioni, di una Costituzione comune. A differenziare il nostro sistema semi-federale dal modello tedesco è il minor livello di autonomia della Regione rispetto al Land. Analoga distinzione emerge dal confronto con gli Stati Uniti che furono, in primo luogo, una confederazione di Stati e poi si configurarono come una federazione nel 1789, in seguito alla ratifica della Costituzione proclamata due anni prima. In Italia non è mai stato adottato un impianto federale completo come in Germania e US, la nostra organizzazione regionale rappresenta una sorta di “federalismo parziale”, incompiuto. La ricerca di una maggiore trasparenza nella gestione delle risorse, da garantire tramite il superamento del criterio della spesa storica a beneficio degli innovativi metodi (RES – RCA) per stimare i fabbisogni standard degli enti locali, è stato uno dei principi cardine della legge delega n° 42/2009 in materia di federalismo fiscale. Come spiegato chiaramente in questo articolo dell’osservatorio sul federalismo http://www.osservatoriofederalismo.eu/il-federalismo-inceppato-un-confronto-con-la-germania/ la crisi del debito ha “inceppato la macchina attuativa della legge delega del 2009” causando una stasi del processo di abolizione della finanza derivata, intesa come dipendenza assoluta delle autonomie regionali e locali dai flussi perequativi dello Stato.
Gli obiettivi del decentramento e il riconoscimento costituzionale delle autonomie locali
Quando si parla di decentramento delle funzioni è importante considerare l’esistenza di criteri di proporzionalità in base ai fabbisogni di spesa, per cui (al di là dei fattori morfologici e demografici) ad un maggior numero di funzioni delegate alle autonomie locali deve corrispondere un adeguato portafoglio. La concessione di maggiore autonomia fiscale, o autonomia di spesa, in favore dei governi locali è stata individuata come obiettivo primario per garantire il soddisfacimento dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nell’erogazione dei servizi pubblici. In Italia la Costituzione individua nell’art. 5 l’imprescindibile principio dell’indivisibilità della Repubblica ma, al contempo, afferma che la Repubblica “riconosce e promuove le autonomie locali” e applica nei servizi che dipendono dallo Stato “il più ampio decentramento amministrativo”. Dunque la nostra Carta Costituzionale non manca di sottolineare l’importanza di una gestione decentrata e collaborativa al fianco dell’inscindibilità della Repubblica. Potremmo dire che la Good Governance è come un’orchestra: per udire una sinfonia è necessario che i musicisti sappiano muoversi all’unisono, analogamente per amministrare nel migliore dei modi è necessario che gli attori istituzionali agiscano sinergicamente, senza sovrapporsi, come suggerisce la carta costituzionale. Tuttavia in questi giorni si assiste all’esatto contrario, presidenti di regione, sindaci e Governo faticano a mostrare coesione attorno alle misure da intraprendere, alimentando un generale senso di sfiducia nella gestione compartecipata di alcune funzioni, come la tutela della salute pubblica. La riforma in chiave democratica dello Stato d’eccezione (per approfondire si invita alla lettura di https://framespolitics.wixsite.com/politics/post/stato-d-eccezione-cos-%C3%A8-e-come-funziona) specifica le prerogative del Governo centrale in situazioni emergenziali, e così come avviene per le camere del Parlamento che sono, in una certa misura, “scavalcate” dai decreti della Presidenza del consiglio anche le facoltà regionali sono vincolate al rispetto dell’autorità centrale, le regioni non possono quindi attuare deroghe che limitino le restrizioni imposte dal livello centrale ma soltanto ampliare tali restrizioni, in casi di particolare necessità. Nella nostra Costituzione è l’art. 117 a operare la ripartizione delle potestà legislative tra Stato e Regioni. Questa norma è stata oggetto di modifiche dovute alla revisione del Titolo V della parte II della Costituzione, operata dalla legge n° 3/2001. Prima di questa riforma costituzionale le competenze spettanti alle regioni erano minori quindi, in relazione a quanto detto in precedenza, anche le risorse ad esse destinate erano inferiori. Prima di entrare nel merito del discorso sul grado di decentramento in Italia è utile tener presente come durante la pandemia i contesti che si stanno dimostrando maggiormente in grado di arginare il contagio attraverso misure efficaci sono quelli caratterizzati da una linea di comando breve e diretta, gerarchicamente strutturata. Questo può chiaramente essere un pericolo per la democrazia in situazioni di normalità, infatti il riferimento non è diretto a Slovenia, Russia o Ungheria, e neanche alla Cina, poiché queste realtà politiche sono suscettibili di riscontrare seri deficit democratici. Il “modello”, se così lo si può definire, che si intende prendere in esame è quello portoghese dove il Primo Ministro, il socialista Antonio Costa, è stato capace di creare un dialogo costruttivo con le opposizioni le quali stanno dimostrando un atteggiamento fortemente collaborativo con la compagine di Governo. In Portogallo persino la proposta della concessione di un permesso di soggiorno straordinario per gli immigrati clandestini, avanzata poiché si teme la diffusione del contagio attraverso queste persone, non ha destato stupore e proteste (per approfondire vedi https://www.internazionale.it/liveblog/2020/04/16/portogallo-successo- epidemia?fbclid=IwAR2GnkmvktZOpb_FuQo5GzXkKCq5_awaJwAdTj6ixxJUVqXvPQAea6y04gg).
I limiti del regionalismo italiano
Il federalismo, fiscale e amministrativo, è un fenomeno globalmente diffuso e si inscrive nella scia di quei processi che hanno portato all'affermazione del modello di Governance multilivello, basato a sua volta sull'interconnessione, sulla yardstick competition (un virtuoso meccanismo di concorrenza orizzontale e verticale) e sul dialogo tra istituzioni operanti nei diversi livelli dell'organizzazione sociale. Il successo di questo dialogo è rimesso a 3 principali fattori:
1. La necessaria predisposizione giuridica di norme capaci di interpretare le necessità del sistema
2. La maestria degli attori coinvolti di sapersi orchestrare, agendo armonicamente al fine di implementare tali norme
3. La percezione del senso di responsabilità derivante dall'investitura pubblica.
Se questi parametri sono rispettati si hanno buone possibilità di riuscire ad innescare un circolo virtuoso capace di rendere davvero funzionale il decentramento amministrativo e fiscale, ma fino ad ora in Italia abbiamo potuto osservare come ciò non sia accaduto, si è potuto anzi notare come il federalismo, da strumento nato per incentivare una gestione trasparente, sia finito con il diventare simbolo di cattiva amministrazione e potenziale veicolo di corruzione. La diffusione di pratiche corruttive non è affare esclusivo del Sud del Paese, anche nelle regioni con un Pil pro-capite più elevato (come Lombardia, Veneto, Piemonte) sono stati registrati casi di gestione fraudolenta delle risorse pubbliche, dunque anche nel Nord spesso non è stato rispettato il 3° fattore su elencato, che continua a vantare un basso tasso di osservanza su scala nazionale. A ciò vanno aggiunti il protagonismo che accomuna molti decisori politici e le profonde disparità economiche tra regioni, che si trascinano fin dalla fase dell'Unità e che nonostante siano trascorsi due secoli sono ben lontane dall'essere colmate. In merito a questi limiti storici, e soprattutto al citato protagonismo di sindaci e presidenti di regione si è espresso in un'intervista, rilasciata ieri sera all'emittente La7, il giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese, il quale ha detto:
"La mia valutazione è che il Governo è partito con il piede sbagliato, doveva ricordarsi che c'è un articolo della Costituzione che riserva esclusivamente al Governo Centrale l'attività che consiste nella profilassi internazionale (...) poi c'è un altro articolo della Cost. che consente al governo di sostituirsi alle regioni (...) bisognava fin dall'inizio dire che questi provvedimenti possono essere presi soltanto dal centro e in modo uniforme - altrimenti - si viola, tra l'altro, una norma costituzionale"
"Non si capisce questo atteggiamento sgomitante delle regioni. Secondo me le regioni che stanno sgomitando, che sono tre o quattro, in realtà violano non solo la costituzione e le leggi nazionali ma violano le stesse leggi regionali.
"Vorrei chiedere al Presidente della regione Lombardia, che ha adottato qualche giorno fa un'ordinanza, qual è la legge della regione Lombardia che gli consentiva di adottare quell'ordinanza in cui stabiliva delle eccezioni e delle interpretazioni evolutive del decreto legge del 25 marzo"
Sono parole che lasciano poco spazio alle interpretazioni e sottolineano il momento di grande confusione istituzionale che stiamo vivendo (per l'intervista completa vedi: https://www.la7.it/piazzapulita/video/cassese-i-provvedimenti-dovrebbero-essere-presi-soltanto-dal-centro-e-in-modo-uniforme-16-04-2020-319890)
Una regola non scritta del federalismo sostiene che le parti del soggetto unitario devono avanzare insieme, altrimenti si smarrisce il senso stesso di quell'unità che tiene insieme le parti, si finirebbe con il perdere l'equilibrio e cadere. Oggi cadere, fare passi falsi, sarebbe un disastro aggiuntivo, suscettibile di vanificare gli sforzi portati avanti con spirito di sacrificio da tutta la popolazione. Le regole ci sono, vanno rispettate.

Per approfondire
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