La pandemia ha aggravato le condizioni già precarie del mercato del lavoro italiano. Nonostante il blocco dei licenziamenti il numero di occupati è calato e la flessione ha riguardato principalmente i lavoratori a tempo determinato e gli indipendenti
Spesso gli articoli che riguardano materie tecniche che sono oggetto di rilevazioni statistiche e campionarie assomigliano alla lavagna durante le lezioni di matematica al liceo: tanti numeri e poche connessioni. Se al professore capitava di lanciarsi nella risoluzione del problema senza curarsi di spiegare tutti i passaggi il risultato era un gruppo di studenti poco a poco sempre più disinnamorati della materia.
Oggi capita un po' lo stesso quando si ricerca una spiegazione ai numeri, agli indici e ai tassi percentuali che tanto influenzano le nostre vite e la pandemia, con il grande flusso di dati che si porta dietro, ha senz'altro peggiorato le cose.
Per questo prima di addentrarsi nell'analisi dei dati sull'andamento dell'occupazione è importante avere ben presente cosa intendono gli istituti statistici quando parlano di occupati, disoccupati, inattivi e forze lavoro.
Sono termini che fanno riferimento all'offerta di lavoro da parte delle famiglie e attraverso un'apposita indagine è possibile fornire loro un valore. Lo stesso discorso vale per altri due termini importanti: posto vacante e posizione lavorativa. Anche ad essi viene attribuito un valore in seguito ad un'indagine specifica che consente di ottenere delle informazioni sulla domanda di lavoro da parte delle imprese.
Chi sono occupati, disoccupati e inattivi
Gli occupati sono persone con più di 15 anni che nella settimana della rilevazione presentano (almeno) una di queste caratteristiche:
- hanno svolto almeno un'ora di lavoro in una attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura.
- hanno svolto almeno un'ora di lavoro non retribuito nell'impresa di un familiare nella quale collaborano abitualmente.
- sono temporaneamente assenti dal lavoro per malattia, ferie o cassa integrazione guadagni. In tal caso vengono considerati occupati se l'assenza non è superiore a 3 mesi o se durante tale assenza percepiscono almeno il 50% della retribuzione.
Queste condizioni per la classificazione di "occupato" prescindono dalla sottoscrizione di un contratto di lavoro (pertanto gli occupati che vengono stimati attraverso le indagini campionarie sulle Forze di lavoro comprendono anche lavoratori irregolari).
I disoccupati sono persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che:
- hanno effettuato almeno un tentativo di ricerca di lavoro nelle 4 settimane precedenti la settimana di rilevazione e sono disponibili a lavorare entro le successive 2 settimane.
- inizieranno a lavorare entro 3 mesi dalla settimana di riferimento e sarebbero disponibili a lavorare entro le 2 settimane successive (qualora fosse possibile).
Occupati e disoccupati formano le Forze di lavoro ovvero l'aggregato che indica l'Offerta di lavoro disponibile nel Paese. La rilevazione sulle Forze di lavoro è armonizzata a livello europeo come stabilito dal Regolamento n. 577/98 del Consiglio dell’Unione europea, ed è compresa tra quelle che rientrano nel Programma statistico nazionale il quale individua le rilevazioni statistiche di interesse pubblico.
A completare il piccolo quadro riassuntivo ci sono gli inattivi. Si tratta di persone in età lavorativa che non fanno parte delle Forze di lavoro, non sono quindi classificate come occupate o in cerca di occupazione. Dunque, contrariamente a quanto si possa pensare, non basta essere disponibili a lavorare per essere classificati come disoccupati, è necessario ricercare attivamente un'occupazione.
Partendo dalle definizioni citate gli istituti elaborano degli indicatori capaci di fotografare in modo abbastanza attendibile l'andamento del mercato del lavoro. Tra questi i più noti sono il tasso di attività e i tassi di occupazione e disoccupazione.
Gli ultimi dati
Dall'analisi degli ultimi dati Istat disponibili emerge un interessante confronto con il secondo trimestre dello scorso anno. Rispetto al 2019 la riduzione degli occupati è pari a 841mila unità (ovvero il -3,6% in dodici mesi). Come anticipato il calo ha interessato in modo particolare i lavoratori dipendenti a termine (il 21,6% in meno per un totale di 667mila unità) e gli indipendenti (-219 mila, il 4,1% in meno), mentre per i dipendenti a tempo indeterminato si registra un timido aumento (55mila in più).
La diminuzione degli occupati nell'arco di 12 mesi è in buona parte imputabile alla chiusura generalizzata nei mesi di marzo e aprile. Il lockdown ha avuto un impatto negativo anche nei mesi immediatamente successivi alla riapertura. A giugno è stato rilevato che gli occupati erano 46mila in meno rispetto al mese di maggio mentre a luglio, dopo quattro mesi di flessione costante, l'occupazione è tornata a crescere (+86mila rispetto al mese precedente). Anche ad agosto è stato registrato un incremento degli occupati su base mensile (+83mila) che ha spinto il tasso di occupazione al 58,2% mentre nel mese di settembre l'andamento dell'occupazione è stato sostanzialmente stabile con un incremento di 6mila unità. Nonostante la leggera inversione del trend negativo registrato nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione resta molto alto, è il 9,6%.
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