Il 21 aprile 1864 nacque il sociologo tedesco Max Weber. La citazione riportata è tratta da quella che molti considerano la sua opera di maggiore rilevanza, ovvero "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo" risalente al 1905.
Weber è stato sicuramente un pensatore che nel corso della sua vita ha intrapreso analisi trasversali a molte discipline scientifiche, interessandosi anche di filosofia e, in particolar modo, di economia (fu già docente di Economia Politica).
Oltre ad aver dato un fondamentale contributo alla metodologia delle scienze storico-sociali (si ricorda in particolare l'individuazione del criterio di "avalutatività") è stato anche capace di imporre le specificità di questo ambito scientifico, il quale ha per oggetto non fenomeni facilmente razionalizzabili e prevedibili, ma processi e fatti dotati di una peculiare irripetibilità e unicità.
Niente riduzionismi
"La sete di lucro, l'aspirazione a guadagnare denaro più che sia possibile, non ha di per sé stessa nulla in comune col capitalismo. Questa aspirazione si ritrova preso camerieri, medici, cocchieri, artisti, cocottes, impiegati corruttibili, soldati, banditi, presso i crociati, i frequentatori di bische, i mendicanti; si può dire relativamente a tutti i tipi di uomini, di qualsiasi ceto sociale, in tutte le epoche di tutti i paesi della terra, dove c'era e c'è la possibilità oggettiva."
Questa frase, anch’essa ripresa dal saggio “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, afferma chiaramente che la natura immanente e onnicomprensiva del capitalismo globale – perché il capitalismo nasce come modello di produzione e organizzazione della società di carattere, di per sè, globale – non può essere oggetto di riduzionismi. Il capitalismo non può essere considerato un mezzo, una banale aspirazione e tendenza all'accumulazione di beni di consumo; esso è pura energia che trova la propria chiave espressiva nella "potenza della mente umana", nel progresso tecnologico, scientifico e razionale, capace di consentire il superamento di ogni ostacolo (si rimanda alla visione di questo intervento del filosofo Massimo Cacciari presso la Facoltà Teologia di Padova: https://www.youtube.com/watch?v=F5zDMYxQxQo)
L’etica protestante come “idealtipo”
Nel saggio cui si fa riferimento egli pone in relazione le radici teologiche del concetto di lavoro, riferendosi alle implicazioni etiche della teoria della "predestinazione" calvinista, e lo spirito del razionalismo occidentale, di cui il capitalismo e l'espressione più manifesta.
Weber osservò con curiosità lo sviluppo economico che nel corso del 1600 interessò società il cui modello socio-produttivo risultava influenzato e formato sulla dottrina delle “Chiese riformate”, in particolar modo la Danimarca e l’Inghilterra del periodo Stuart. Il concetto di predestinazione sottintende l’unicità della “volontà di Dio”, la quale non tiene in considerazioni altri fattori. Agli uomini è concesso soltanto di vivere senza poter influenzare il proprio destino; l’unico segnale o potenziale suggerimento sulle aspettative poste in essere dall’uomo è rappresentato dal successo economico ottenuto in vita.
Questa concezione dell’etica e della realtà individua anche la povertà come prova della volontà divina, in virtù di ciò e al pari del successo – anche se in chiave opposta – il significato di povertà assume una dimensione che trascende lo status di gravi ristrettezze economiche e la condizione umana di privazione, e finisce con l’abbracciare le ragioni dell’etica calvinista.
L’etica protestante è un “idealtipo”, altro concetto weberiano, ovvero un “puro concetto-limite ideale, a cui la realtà deve essere misurata e comparata, al fine di illustrare determinati elementi significativi del suo contenuto empirico”; nel caso specifico gli elementi significativi sono proprio i nessi inerenti la correlazione tra l’interpretazione teologica del lavoro come glorificazione e il metodismo rigido come cuore dell’operosità borghese e capitalista.
La critica alle pretese di univocità del marxismo
Nonostante convenisse con Karl Marx circa la preminenza del capitalismo come paradigma dominante dell’epoca moderna, rispetto al padre del “materialismo storico” Weber ritiene che sia limitato individuare le chiavi interpretative della realtà storica unicamente nei fattori di matrice economica. Il Marxismo è dunque ritenuto come uno dei modi possibili di spiegare la narrazione storica della civiltà, ma non l’unico. La critica di Weber riguarda la pretesa di univocità delle tesi di Marx.
Per approfondire:
- Max Weber, Die “Objectivität” sozialwissenschaftlicher und sozialpolitischer Erkenntnis, in “Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik”, XX, pp. 22-87, 1904 (trad. it. L’ “oggettività” della scienza sociale e della politica sociale, in ID., Il metodo delle scienze storico-sociali, 1958, Einaudi, Torino, pp.112
Comments