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Gian Marco Renzetti

L’Europa nel 2020: smottamenti geopolitici

La breve analisi proposta in questo articolo ha l’obiettivo di fornire una rapida e non esaustiva panoramica sul ruolo europeo nel resto del mondo nel corso degli ultimi secoli. È fondamentale, infatti, comprendere l’evoluzione interna ed esterna della politica nel continente europeo per rispondere alle domande che proiettano tale sistema di stati nel futuro. Le sfide a cui sta rispondendo l’Europa in questo momento storico sono tutt'altro che facili e sono ben correlate con il passato. Con questo cercheremo di far emergere che le soluzioni ci sono, ma richiedono un intervento ben più che comunitario e forse nemmeno così democratico.

Il vecchio continente

Imperi estesi con una impressionante potenza e attitudine militare, lo sviluppo tecnologico nell’arte della navigazione, la creazione della prima rete diplomatica nel mondo, l’impiego di tutte queste peculiarità nel commercio mondiale. A grandi linee possiamo riassumere con questi elementi la portata della cultura europea nel resto del mondo fino al 1913. Una cultura passata attraverso guerre interne e colonizzazioni di massa, attraverso scisma e riforme, ma soprattutto, una cultura che ha permesso la nascita del primo ed unico sistema internazionale di Stati:


“Nell’Ottocento si era ormai creata una trama di interazioni economiche, militari e politiche, in cui si sono trovati coinvolti non solo gli stati europei e le loro prime colonie di popolamento, ma anche le popolazioni e i governi asiatici, africani, amerindi, tutti in modi e in misure diverse”

Così scrive Hedley Bull ne “L’espansione della società internazionale” (1994).


La cultura d’Europa – intesa come la complessità delle strategie politiche ed economiche, oltre che come la storia stessa dei singoli stati, ognuna intrecciata con quella degli altri da secoli – ha subito enormi cambiamenti nel corso degli anni ed è giunta a plasmarsi in una struttura finale solo alla fine del XX secolo. Ripercorriamo brevemente gli eventi più significativi.


Scoperta e colonizzazione delle Americhe

È il primo tassello del puzzle occidentale. Dalla fine del XV secolo alla fine del XVIII gli europei misero le mani su qualsiasi risorsa possibile, di fatto comprandosi l’egemonia attraverso colonizzazione e schiavitù. Fin qui rientra tutto nella “normalità”, possiamo dire che il processo di espansione degli Stati rimaneva strettamente collegato con l’utilizzo della forza e con lo sfruttamento delle risorse. Ma verso la fine del diciottesimo secolo qualcosa è cambiato: le colonie britanniche hanno cominciato a richiedere autonomia in America del Nord nel 1770 – no taxation without rapresentation – e l’indipendenza che ne derivò fu contagiosa anche per le colonie francesi insediate in Canada, le quali rifiutarono dopo l’indipendenza di prendere ordini dai governi europei; anche il Brasile cominciò a governarsi autonomamente già nei primi anni del 1800: questi sono solo i più grandi esempi di rivendicazione di autonomia nei confronti dell’Europa. L’importanza di tale rottura con gli imperi europei è tradizionalmente riconosciuta come il primo avvenimento che ha di fatto permesso la nascita di un sistema di stati che, legati indissolubilmente da tradizioni e strategie, si riconoscevano vicendevolmente come appartenenti ad una “comunità”.

Il ruolo Ottomano

Tra i numerosi nemici sconfitti o sottomessi dagli europei c’è stato un popolo che per secoli è riuscito a sottrarsi al dominio. Un vero e proprio limes per gli stati europei c’era ed era l’impero Ottomano che ha occupato dal XIV al XIX buona parte del territorio europeo. Due culture distinte per lingua, religione, governo e abitudini che nessuno poteva lontanamente immaginare di far avvicinare senza collidere: eppure in qualche modo è successo.


Aldilà delle dinamiche con cui l’influenza europea (e anche una buona dose di dissidi interni) ha lentamente contagiato uno degli imperi più invincibili, per l’analisi proposta in questo articolo basta sapere che da un certo punto in poi – precisamente con l’alleanza tra Russia, Inghilterra e Ottomani contro l’impero Francese di Napoleone nel 1799 – l’impero ha cominciato a subire l’influenza diplomatica europea. Nel corso dell’800 l’impero Ottomano fu più volte al centro di alleanze e giochi di potere tutti europei: Francia ed Inghilterra temevano un avvicinamento tra impero Russo e Ottomano che avrebbe messo a repentaglio la stabilità europea, ma anche i due imperi ad Ovest avevano interesse a portare il Sultano dalla loro parte. Così, in questo intrigo diplomatico, l’impero finì per rimanere inglobato all'interno dell’Europa (è il 17 settembre 1840, formalmente) mentre gli altri stati musulmani già avevano subito la “colonizzazione diplomatica” dei grandi imperi europei.


Con questi due esempi prendiamo atto che la capacità diplomatica degli stati europei è decisamente un elemento imprescindibile per la realizzazione di un sistema internazionale. Dopo le due grandi guerre nasce l’ONU (“evoluzione” della Società delle Nazioni, fondata sui 14 famosi punti di Wilson), affinché l’Europa non sia più teatro bellico ma motore dell’unità internazionale. Fu così che andò a concretizzarsi quel sistema di Stati che adesso conosciamo, intrisi di diplomazia e democrazia almeno sulla carta, che per un motivo e per un altro lentamente aderirono alle Nazioni Unite prima, alla Nato poco dopo, all’Europa poi. Tutte queste organizzazioni sono però fragili, restie al cambiamento, neonate, le sfide della globalizzazione invece no.


L’Europa oggi


Gli “smottamenti” interni al continente europeo sono stati tanti ma mai silenziosi. Oggi assistiamo a vicende geopolitiche mascherate da diplomazia ma che odorano di polvere da sparo. A dittatori formalmente riconosciuti. Ad attentati alla democrazia che non hanno più come risposta l’utilizzo di armi bensì i dazi, ma questo è un altro discorso. In quest’articolo analizziamo due delle più attuali vicende interne all'Europa cercando un riscontro con quel sistema di nazioni fin qui descritto.


Il giocoforza Turco

Quel che rimane del colossale impero Ottomano è senza dubbio un paese forte e pericoloso, che in molti hanno preferito avere come alleato piuttosto che come nemico. Nonostante l’ingresso della Turchia nell'UE sia in cantiere da anni ma ancora lontano dalla realizzazione non dobbiamo dimenticare che il governo di Ankara fa parte della NATO dal 1952. Il presidente Erdogan rivendica da tempo il controllo marittimo di alcune aree del Mediterraneo, basti pensare a Cipro (divisa in due aree, di cui quella turca, a nord, riconosciuta solo dal governo di Ankara) o a Megisti, isola greca a due chilometri dalla Turchia, perché in quelle aree c’è grande disponibilità energetica. I contrasti, pertanto, non riguardano solo Grecia e Turchia, come riportano i fatti di cronaca delle ultime settimane, ma anche Libia, Siria, Egitto e Francia (a giugno le navi militari turche hanno impedito a una fregata francese d’ispezionare una nave sospettata di trasportare armi per il Gna). Il punto è che la situazione è tutt'altro che distesa: innanzitutto perché un intervento militare comprometterebbe seriamente l’affidabilità della NATO, visto che si andrebbero a scontrare due paesi membri, ma soprattutto la Turchia ha il coltello dalla parte del manico per quanto riguarda il traffico di migranti visto che la situazione in Europa è ormai insostenibile e se Erdogan aprisse di nuovo i traffici verso l'Europa sarebbe una vera catastrofe umanitaria.

Bielorussia: stato cuscinetto per la Russia

Altro scenario caldo e minaccioso per l’Europa si sta palesando in Bielorussia dopo le elezioni del 9 agosto 2020 che hanno confermato per la sesta volta Alexander Lukashenko presidente. Cosa c’è di peggio per un’unione di stati democratici che trovarsi di fronte ad un presidente eletto con l’80% dei consensi attraverso elezioni truccate? Un presidente eletto illegittimamente che sia anche alleato di Putin:


“Alla prima richiesta, la Russia fornirà assistenza totale per garantire la sicurezza della Bielorussia”

Sono le parole del presidente russo che ha anche parlato di un intervento militare, se necessario. Inoltre Putin ha promesso a Lukashenko 1,5 miliardi di dollari, non si sa bene per farci cosa. Anche in Bielorussia l’Europa può fare ben poco se non promettere sanzioni, multe e, come ha fatto la Germania, non riconoscere Lukashenko come presidente.


Stiamo assistendo ad un periodo di enormi cambiamenti per l’Europa, una rivoluzione nel vecchio continente ma non del vecchio continente, il tutto in un contesto internazionale in cui la leadership politica europea è sempre più minacciata da attori esterni, potenti e, in un modo o nell'altro, con dei “conti in sospeso” con l’antico ordine politico. Il tutto mentre lo storico alleato europeo sta affrontando uno dei periodi più bui dalla grande depressione: gli USA soffrono di mancanza di legittimazione, crisi interna e, soprattutto, di nessun nemico da combattere, pur rimanendo la più grande superpotenza al mondo. Ma se è vero che la crisi indotta dal COVID19 colpirà in misura diversa i vari paesi, allora è vero anche che quelli che hanno di più da perdere sono proprio i paesi occidentali.

La mancanza di una forte politica estera (cioè di un vero e proprio strumento di difesa esclusivamente europeo) è un punto cruciale su cui esprimersi il prima possibile, così come la continua spinta migratoria continua a schiacciare il potere politico e decisionale di un’Unione Europea non più in grado di esportare il modello occidentale come ha fatto in passato.

La tesi finale di questa analisi è che il mondo è in cambiamento e che, per la prima volta da secoli, sono gli occidentali a subirne gli effetti da parte di paesi che ne hanno compreso la politica estera e che non temono ritorsioni sul piano territoriale (l’annessione della Crimea da parte di Putin nel 2014 ha avuto come conseguenza principale quella di uscire dal G8 ma niente di più). In questo smottamento geopolitico è necessario e urgente un cambio marcia dell’UE, sia dal punto di vista diplomatico che politico. L’idea di fondo è quella di tornare a rappresentare egemonia politica – attraverso politiche sostenibili e rivolte all'ambiente – ed internazionale – attraverso dialogo e cooperazione multilaterale e senza l’obsoleto sostegno militare USA – come in passato, evitando di farsi sopraffare dalla crescita insostenibile dei grandi paesi asiatici.

Bibliografia: . L'espansione della società internazionale, Hedley Bull & Adam Watson (1994), Jaca Book

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