Crisi del centrosinistra: la funzione di Conte
- Luigi Sorrentino
- 2 mag 2020
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 21 mar 2021
La crisi identitaria del centro-sinistra si somma alla difficile convivenza con il M5s. La stabilità della maggioranza di Governo è mantenuta dal Presidente del Consiglio. Conte è diventato un imprescindibile punto di equilibrio tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. Le due forze politiche, in ascesa negli ultimi sondaggi, si accontentano di essere dirette nell’emergenza in virtù della crescita di consensi, seppur limitata. Aleggia in esse la convinzione di poter continuare a crescere, in termini elettorali, senza proporre nulla per i tempi che verranno?
Chi è disposto a migliorare?
Abbiamo più volte sostenuto attraverso i nostri articoli che questo dramma collettivo, globale, per quanto deleterio per la condizione sanitaria, sociale ed economica del Paese, rappresenta un potenziale punto di svolta, un’occasione da non mancare e ciò vale per l’Italia, l’Europa e il Mondo. Non tutti saranno capaci di trarre da questa grave crisi simmetrica importanti insegnamenti per ripartire in modo diverso. Questa policy window rischia di produrre addirittura effetti collaterali come in Slovenia e Ungheria, dove lo stesso impianto democratico di rappresentanza è posto in discussione poiché i leader della maggioranza sfruttano l’insicurezza e il timore derivanti dal contagio per affermare ulteriormente la posizione dell’esecutivo e sospendere basilari principi democratici.
In Italia sono stati pochissimi gli esponenti di spicco di questa legislazione ad aver speso parole che lasciano intendere la necessità di un ripensamento della società, lasciando che a pronunciarsi in merito fossero altri, come il segretario della Cgil Landini, il quale al contrario ha ribadito chiaramente alcuni punti cardine da fissare in vista della “ripartenza”. Ma cos’è che andrebbe doverosamente e prontamente cambiato? Quali sono le esigenze più impellenti?
Qualche idea in merito:
Lavoro, previdenza e assistenza sociale
- Esigenza di ripensare il modello produzione secondo i criteri della tutela della sicurezza sul lavoro, del giusto salario, dell’efficacia erga omnes dei contratti collettivi nazionali di lavoro, del ripristino delle tutele dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
- Revisione del Jobs Act con relativa abolizione del contratto a tutele crescenti
- Abolizione del contratto di prossimità introdotto dall’art. 8 della legge n° 148/2011
- Esigenza di adottare uno strumento di sostegno economico per la fascia di popolazione che versa in uno stato di aggravata e comprovata povertà.
- Ottimizzare il processo di armonizzazione dei regimi previdenziali iniziato negli anni ’90.
Pubblica Amm. - Federalismo fiscale e amministrativo
- Riforma della Pubblica Amministrazione secondo i criteri della trasparenza e della responsabilità
- Superare i limiti del decentramento fiscale e amministrativo
Istruzione e Sanità
- Intervenire sui processi di privatizzazione dell'istruzione (a tutti i livelli) e della Sanità ponendo enfasi sulla riqualificazione dell'amministrazione pubblica
- Predisporre ingenti finanziamenti per la Ricerca
Economia
- Riforma del sistema fiscale in chiave progressiva
- Lotta all’evasione fiscale con strumenti adeguati e differenti dal passato come il maggiore ricorso all’analisi del reddito a scapito del patrimonio che risulta meno indicativo della reale condizione economica del cittadino.
- Agire all’interno delle istituzioni europee al fine di promuovere l’eliminazione di imposte diversificate per basi imponibili mobili, capaci di generare grande concorrenza e speculazioni economiche che penalizzano gli Stati che non adottano sistemi di tassazione al ribasso.
- Superamento del modello di sviluppo basato unicamente sul Pil; necessità di rendere operativi i criteri sottesi al BES (benessere equo e sostenibile)
Immigrazione
- Ius Soli
- Agire all’interno delle istituzioni europee al fine di modificare il Trattato di Dublino
- Riforma dei meccanismi di accoglienza e integrazione e individuazione di strutture adatte e reti di sostegno capaci di favorire il processo di integrazione
Il taciturno centro-sinistra
Delle esigenze citate ben poche sono state condivise dalla direzione del Partito Democratico, nonostante in molti casi risulterebbero probabilmente condivise dall’elettorato del partito. Manca il coraggio di intraprendere determinate strade e i segnali in merito sono tanti. Sono ormai molti anni che questo partito ha subito una radicale mutazione nella struttura e nella leadership e se prima possedeva almeno un’identità stabile oggi fatica a trovare la maschera giusta. Dopo il tracollo nelle politiche 2008 e la conseguente vittoria della coalizione di centro-destra composta da Polo delle Libertà, Lega Nord, Movimento per l’autonomia, il Partito Democratico sembrava potersi risollevare nelle elezioni politiche del 2013 ma la legge elettorale dell’epoca prevedeva un premio di maggioranza esclusivamente alla Camera, pertanto il mancato ottenimento dell’effettiva maggioranza in Senato comportò le conseguente che sono note a tutti: il mandato esplorativo affidato a Bersani dal Presidente Napolitano non ebbe esito positivo e il M5s di Grillo e Casaleggio non accettò neanche che si convenisse ad un’alleanza temporanea basata sulla realizzazione dei famosi “8 punti in comune”. Dopo la rielezione di Napolitano l’incarico di Presidente del Consiglio è affidato ad Enrico Letta, deputato del PD, la cui posizione governativa riscontrò una rapida erosione che ha portato alla fase riformista-centrista di Renzi. Da quel momento il PD sarà un nuovo soggetto politico che orienterà l’azione riformatrice di Governo in chiave liberista, all’insegna della flessibilità del mercato del lavoro, dell’aziendalizzazione dell’istituzione scolastica e dell’intera pubblica amministrazione. L’ex sindaco di Firenze si era convinto di attivare una personale visione di terza via sul modello di Blair e Clinton, ignorando che le esperienze politiche che intendeva esaltare sono stati dei fallimenti. Lo stesso Giddens, teorico della Third way, intendeva ben altro rispetto alle politiche che sono state progettate dai laburisti e dai democratici americani. Il declino di Renzi successivo al fallimento del referendum costituzionale ha provocato una grande sfiducia verso il centro-sinistra e mentre cresceva l’astensionismo si riscontrava l’ascesa della nuova destra italiana propagandista ed euroscettica. Nel frattempo il PD ha provato a ricompattarsi attorno alla figura di Gentiloni e ad un europeismo sterile che seppur capace di mantenere almeno la fiducia dei pochi rimasti, spaventati dinanzi all’avanzata di Meloni e Salvini, non è riuscito a calamitare verso il partito non solo gli animi più radicali ma neanche i sostenitori di una visione più moderata di matrice vagamente socialista. È cosa nota che il socialismo abbia assunto in Italia moltissime configurazioni partitiche differenti, oltre alla storica Scissione di Livorno del 1921 che ha sancito la nascita del PCI, ed abbia sempre rappresentato gran parte della popolazione. Al giorno d’oggi questa visione della società è stata completamente spogliata della sua rappresentanza parlamentare. Nel nostro Paese non esistono partiti socialisti rilevanti, a differenza di altri contesti europei, e molti tra coloro che militavano nelle storiche formazioni della Sinistra italiana oggi sostengono il PD. Non è strano considerando che dopo la caduta del muro di Berlino e il disfacimento dell’URSS i Partiti socialisti di tutto il mondo si sono ritrovati a subire l’assenza di un punto cardine di rappresentanza planetaria e ciò ha indotto tante formazioni politiche a mutare aspetto, a camuffarsi adottando nuovi simboli e aprendo le porte a visioni più moderate come le componenti cattolico-liberali. Questo però non è accaduto ovunque, si pensi ad esempio alla Spagna o al Portogallo, o alla Germania dove il consenso dei Verdi, spesso vicini ad argomenti cari all’universo di sinistra, è divenuto importante. In Italia, invece, il distaccamento dai valori e dai simboli della sinistra del Novecento è stato molto più rapido e significativo e questa è una colpa che va imputata all’incapacità primaria che ha contraddistinto, oltre al PSI di Craxi, le formazioni politiche di Sinistra dopo il 1984, dallo stesso PCI, dal PDS al PRC fino ad arrivare al PD e ai suoi attuali rappresentanti. Tale incapacità consiste nel non aver saputo interpretare i fenomeni socio-economici che stanno contrassegnando l’epoca contemporanea. Gli elettori se ne sono accorti e sarà difficile immaginare nei prossimi 12 mesi un PD al 30%, soprattutto alla luce del silenzio continuo che contraddistingue gli esponenti del partito. Intanto l’ascesa sondaggistica di Franceschini da un lato pone in ombra Zingaretti e dall’altro risalta la costante crisi identitaria dei democratici a cui non manca solo un leader (francamente un passo di lato, se non indietro, l'ipotesi Franceschini), ma un intero organigramma che miri al conseguimento di un programma preciso.
Tutti sul carro del leader
Il M5s fatica a delineare le proprie azioni secondo idee precise continuando a porsi come forza politica post-ideologica, capace di abbracciare tematiche care tanto ai conservatori, quanto ai liberali e ai progressisti. Il Movimento continua dunque ad essere un ibrido scomposto e mal calibrato, un calderone dove si manifestano le idee (e le ideologie) più disparate. Questa totale assenza di identità politica, intesa come la capacità di saper prendere posizioni nette riguardo a specifici temi, in parte condivisa con gli alleati di governo, rappresenta uno dei maggiori talloni d’Achille dell’esecutivo. Tra gli altri punti deboli, per quanto riguarda il M5s, continua ad essere degna di nota la dubbia democraticità che soggiace ai meccanismi di elezione e consultazione adoperati da questa forza politica. Come per il PD, la lenta ripresa del M5S non costituisce alcuna garanzia per Crimi, Di Maio, o per chiunque altro rappresenti il vertice di questa organizzazione. L’idea di beneficiare in eterno dell’attuale popolarità del Presidente del Consiglio rischia di generare contraccolpi beffardi per la maggioranza.
Per approfondire:
- A. Giddens, "Oltre la Destra e la Sinistra", Il Mulino, 201
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