Manca ormai poco al Consiglio Europeo e tutti noi, proprio come L.B "Jeff" Jeffries, stiamo tentando di “spiare” e intercettare le intenzioni dei leader dell’eurozona, i rappresentanti di tutti gli inquilini del condominio europeo.
“Se non mi tiri fuori da questa palude di noia, faro qualcosa di irreparabile”
Sono parole di L.B. “Jeff” Jeffries, protagonista del capolavoro di Hitchcock “La finestra sul cortile”. È una frase emblematica nell'indicare lo stato d’animo di Jeff, costretto su una sedia a rotelle a causa di un incidente, ma che al contempo risulta ben capace di interpretare il sentimento di molti di noi, costretti in un necessario isolamento. Come il personaggio interpretato da James Stewart ciascuno di noi non può far altro che osservare passivamente lo svolgimento della realtà, la quale procede inarrestabile, infischiandosene del contagio globale. Infatti a questa grande staticità fisica non corrisponde assolutamente la frenesia che caratterizza alcuni dialoghi e negoziazioni di portata molto ampia. In questa molteplicità frenetica di accordi e contrattazioni quelli che principalmente ci riguardano - come Paese - andranno in scena a breve, precisamente alle 15, quando si terrà il Consiglio Europeo (probabilmente il più atteso dell’ultimo decennio). Come Jeff stiamo tutti tentando di “spiare” e intercettare le intenzioni dei leader dell’eurozona, i rappresentanti di tutti gli inquilini del condominio europeo. Siamo tutti affacciati alla finestra, ma non tutti in possesso delle stesse convinzioni e questa eterogeneità è il perfetto riflesso del nostro Parlamento, perennemente diviso, anche in questo periodo drammatico in cui sarebbe maturo cercare di capirsi e rimandare a tempi più prosperi la propaganda elettorale.
Alle 15 oltre allo scontro prettamente numerico sulle aliquote dei tassi di interesse da applicare, si assisterà ad una contrapposizione fortemente ideologica: ad emergerne vincitori potrebbero essere il “comunitarismo”, inteso come opposizione all’individualismo, e il neoliberalismo, la cui natura è riconducibile all’evoluzione dell’ordo-liberalismo tedesco della Scuola di Friburgo e del liberalismo americano della Scuola di Chicago (per approfondire si rimanda alla lettura di M. Foucault, “Nascita della biopolitica”).
Il futuro dell’Unione Europea non è forse appeso ad un filo, ma la tenuta dell’Euro non è mai stata così in crisi e la resilienza dell’istituzione comunitaria potrebbe rivelarsi precaria rispetto al passato. Il principale argomento del Consiglio di domani riguarderà la possibile creazione di uno strumento di sostegno economico alternativo ai tre canali già esplicitati due settimane fa in seguito all’Eurogruppo, ovvero Bei, Sure, Mes. Le strade apparentemente percorribili sembrano essere due: una proposta tedesca e un’altra spagnola.
La proposta di Berlino
La prima, avanzata dalla Merkel e sostenuta anche dal Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, prevede di aumentare i contributi che ogni Stato membro versa nel bilancio dell’Unione al fine di generare un Fondo. La conseguente emissione di titoli, e la raccolta di risorse sui mercati, consentirebbero di prestare soldi alle economie maggiormente in affanno. Le dimensioni di questo “Recovery Fund“ si stimano in circa 1.000 Mld che ricadranno sul Bilancio europeo 2021-2027; il tetto della spesa annua in questo periodo corrisponderebbe al 2% del Pil dell’UE e quindi a circa 140 Mld annui.
L’alternativa
L’alternativa spagnola, caldeggiata da molti altri Paesi, sostiene che l’entità del Recovery Fund debba essere maggiore, almeno di 1.500 Mld , inoltre tiene in considerazione differenti modalità per il pagamento degli interessi, il quale dovrebbe avvenire tramite imposte indirette parzialmente destinate al bilancio dell’Unione (come le imposte su alcool, prodotti del tabacco, prodotti energetici). Il punto di principale criticità previsto dalla proposta spagnola riguarda la scadenza dei titoli comuni, la quale dovrebbe essere “perpetua”, non avverrebbe dunque il rimborso del capitale ma soltanto la restituzione degli interessi.
Il tramonto degli eurobond?
Per quanto concerne la possibilità di adottare la soluzione degli “eurobond”, termine assai generico il quale rimanda al concetto di mutualizzazione del debito (che consiste nel porre in essere una condivisione del debito tra più soggetti che ne diventano garanti), pare che ci si stia convincendo dell’impossibilità dell’adozione di questo strumento. Le circostanze odierne impongono celerità e pragmatismo decisionale, caratteristiche estranee al dibattito sugli “eurobond”. Inoltre la bocciatura dell’emendamento sulla condivisione del debito avanzato dai Verdi al Parlamento Europeo ha decretato il quasi certo tramonto di questa prospettiva. E pensare che la maggioranza di voto in base al quale l’emendamento in questione è stato respinto era “ribaltabile”: 326 voti contrari e 282 favorevoli; pesano tantissimo le 74 astensioni.
La differenza tra “eurobond” e “recovery bond”
Come si è già accennato il termine "eurobond" è stato coniato circa dieci anni fa e indicava una serie di misure relative ad un processo di mutualizzazione del debito tramite l’emissione di titoli. Nello stesso emendamento dei Verdi non si è fatto esplicito ricorso a questo termine. Si tratta insomma di un vocabolo che rimanda a più significati, non tutti sovrapponibili. I “recovery bond”, relativi al già citato Recovery Fund, sono qualcosa di diverso come spiega il direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, Carlo Cottarelli:
Quindi nel caso dei recovey bond, ossia nuovi titoli di debito, ai Paesi europei con un rapporto deficit/Pil relativamente basso e stabile non sarebbe imposto di farsi carico del debito pregresso (particolarmente elevato nei Paesi del Sud) e ciò costituisce un valido e potenziale motivo di intesa.
Dopo questi chiarimenti non ci resta che attendere il Consiglio, e l’esito che ne deriverà.
Per approfondire
1. M. Foucault, “Nascita della biopolitica”. Corso al Collège de France (1978-1979). Feltrinelli, 2005.
2. https://framespolitics.wixsite.com/politics/post/coronavirus-le-nuove-misure-economiche-in-italia
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