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La necessità di una deontologia politica

  • Immagine del redattore: Maurizio Travalloni
    Maurizio Travalloni
  • 11 apr 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

La querelle tra maggioranza e opposizione richiama alla mente l'esigenza di pensare a una normativa relativa a principi e doveri da rispettare per i nostri rappresentanti. Una volta per tutte.




Dopo il “j’accuse” del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ai leader dell’opposizione Matteo Salvini e Giorgia Meloni durante la diretta tv a reti unificate del 10 aprile, rei di aver deliberatamente e impunemente diffuso menzogne riguardo il Mes (Meccanismo europeo di stabilità) in interviste e canali social, ritorna al centro dell’attenzione la necessità di una deontologia professionale per il corpo politico che ci rappresenta. Il vuoto legislativo che riguarda la materia, infatti, fa sì che ci siano norme relative a parità d'accesso, ineleggibilità e incandidabilità, ma anche pubblicità e limiti di spesa pubblica. Tuttavia, le specifiche relative alle modalità di adempimento delle funzioni pubbliche sono poche. L’articolo 54 della nostra Costituzione (vedi http://www.senato.it/1025?sezione=123&articolo_numero_articolo=54) recita: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge». Nessun codice deontologico o etico, quindi, con i nostri politici che di fatto sono legittimati a mettere furbescamente in atto comportamenti senza doverne poi rispondere in molti casi. Comportamenti privi della disciplina e onore citati dalla Costituzione. Nel 1948, dopo l’entrata in vigore della carta costituzionale, Don Luigi Sturzo (leader del già defunto Partito Popolare Italiano) ribadiva: “C’è chi pensa che la politica sia un’arte che si apprende senza preparazione, si esercita senza competenza, si attua con furberia. È anche opinione diffusa che alla politica non si applichi la morale comune, e si parla spesso di due morali, quella dei rapporti privati, e l’altra (che non sarebbe morale né moralizzabile) della vita pubblica. La mia esperienza lunga e penosa mi fa invece concepire la politica come saturata di eticità, ispirata all’amore per il prossimo, resa nobile dalla finalità del bene comune”. A queste parole accompagnava un decalogo del "buon politico", che prevedeva i seguenti punti:

1. È prima regola dell'attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso.


2. Se ami troppo il denaro, non fare attività politica.


3. Rifiuta ogni proposta che tenda all'inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico.


4. Non ti circondare di adulatori. L'adulazione fa male all'anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà.


5. Non pensare di essere l'uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti errori.


6. È più facile dal No arrivare al Si che dal Sì retrocedere al No. Spesso il No è più utile del Sì.


7. La pazienza dell'uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai.


8. Dei tuoi collaboratori al governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.


9. Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini.


10. Fare ogni sera l'esame di coscienza è buona abitudine anche per l'uomo politico.

A distanza di 70 anni dalle sue parole, risulta ancora utopistico aspirare ad un codice etico per la classe politica, al netto dei regolari scandali che su scala nazionale, regionale e locale hanno coinvolto il nostro Paese dalla nascita della Repubblica – non che prima l’Italia fosse il paradiso terrestre – ad oggi. Ecco dunque che, facendo un lungo salto temporale e passando dagli anni ’50 del secolo scorso ad oggi, arriviamo alla condotta dei Nostri Salvini e Meloni, degni conduttori del circo politico che rappresentano. Costoro a mo’ di Gatto e Volpe, quasi tutti i giorni mettono in atto comportamenti da imperitura campagna elettorale in cui adesso è ammesso anche diffondere quelle che una volta venivano chiamate panzane colossali (per essere educati) e ora invece fake news. Un codice etico impedirebbe forse una condotta che sempre più spesso si va affermando nella prassi politica attuale. Gli ultimi dibattiti relativi ad un codice etico-deontologico risalgono al 2014 e alle iniziative di singoli deputati che invitavano a una modifica dell’art. 12 del regolamento di Montecitorio (vedi https://www.camera.it/files/regolamento/regolamento.pdf) per l’adozione appunto di un codice che prevedesse norme di comportamento dei deputati, informate ai valori di correttezza e imparzialità e procedure per garantire il rispetto di tali norme. Dopo sei anni, nulla è cambiato tranne il comportamento del corpo politico. In peggio, però. In Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti sono stati applicati diversi codici deontologici. Da noi, invece, si è arrivati ad uno svilimento senza precedenti. Non è detto che la deontologia politica rappresenti la panacea di tutti i mali, ma costituirebbe senz'altro un buon punto di partenza. Continuiamo a sentire parlare della portata epocale del virus che stiamo combattendo globalmente: ecco che se la pandemia da Covid-19 ci costringe ad un punto di svolta in termini di Storia, il comportamento di una frangia politica ce ne impone un altro in termini di Politica. Quella con la “P” maiuscola, però, che per certe figure risulta ormai davvero faticoso usare.



Per approfondire:





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