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Luigi Sorrentino

Stati Popolari. Il manifesto degli "invisibili"

La protesta di Aboubakar Soumahoro si è estesa riunendo in piazza istanze diversificate. Ad affollare uno dei luoghi maggiormente rappresentativi della capitale ci sono lavoratori precari, studenti e ricercatori delusi, riders, italiani senza cittadinanza, sostenitori dei movimenti Black Lives Matter e Fridays For Future, operai e impiegati della Whirlpool e dell'ex Ilva, migranti e braccianti agricoli, lavoratori dello spettacolo e della cultura "dimenticati" durante l'emergenza Covid.


E' una "protesta doverosa" spiegano alcuni manifestanti che nonostante il caldo torrido hanno deciso di recarsi in Piazza San Giovanni in Laterano, a Roma, per rivendicare un cambiamento radicale del modo in cui le istituzioni si relazionano ai tanti problemi oggetto di discussione. Vogliono mostrarsi solidali con i tanti "invisibili" che nulla chiedono se non l'applicazione di diritti fondamentali e la rimozione di leggi anacronistiche e pericolose che minano l'uguaglianza tra esseri umani. Si tratta di un principio che mai dovrebbe essere messo in discussione essendo inoltre sancito dall'art. 3 della Costituzione il quale enuncia due obiettivi fondamentali della nostra Repubblica: garantire l'uguaglianza formale e sostanziale.

"Gli stati popolari saranno una palestra delle idee e dell’agire. Dai territori nascono gli stati popolari, non nascono a Villa Pamphili. Perché a Villa Pamphili erano asserragliati nel Palazzo, non hanno sentito le nostre urla.”

Queste parole pronunciate dal sindacalista Aboubakar Soumahoro ben rappresentano il contrasto tra gli Stati Generali e gli Stati Popolari. In occasione degli incontri di Villa Pamphili il sindacalista Usb ha posto in essere una protesta incatenandosi al di fuori del palazzo in cui sono avvenute innumerevoli consultazioni istituzionali. Chiese e ottenne un incontro con il Presidente del Consiglio Conte affinché ascoltasse le proposte degli "invisibili" ma è evidente che ascoltare una richiesta non equivale ad accoglierla. Plausibilmente questo comportamento attendista del Governo, incapace di chiarificare la propria posizione in merito alle istanze sollevate da Soumahoro, ha alimentato la necessità di organizzare l'evento che ha avuto luogo domenica 5 luglio. Tra le proteste inascoltate va annoverata obbligatoriamente la polemica relativa alla "sanatoria" temporanea proposta e ottenuta dal Ministro Bellanova, un provvedimento che - eufemisticamente - può essere considerato discutibile e lesivo dei diritto dei lavoratori in questione.


Il manifesto degli invisibili

“Da questa piazza lanciamo il manifesto per la giustizia, la libertà, la felicità"

Dal palco degli Stati Popolari il sindacalista simbolo della lotta dei braccianti ha pronunciato un discorso di grande valenza politica, capace di raccogliere il plauso di una piazza animata da voci diverse ma al contempo indissolubilmente legate dalla speranza di trasformare aspetti della società italiana profondamente cristallizzati e resilienti, ma non per questo immodificabili. Il manifesto annunciato e spiegato da Soumahoro si costituisce di sei punti principali. Essi rappresentano l'ossatura del cambiamento che si intende attuare.


1 - "La prima proposta riguarda un piano per l’emergenza lavoro. Quando il lavoro diventa sfruttamento entra in contrasto con i principi della nostra costituzione. Ciò che abbiamo sancito è alienazione, sfruttamento, schiavitù. Siamo ai limiti della schiavitù."

Il leader della protesta ci tiene inoltre a specificare che la colpa di questa situazione precarizzata non può essere in alcun modo imputata soltanto alla diffusione del Covid19 poiché "la politica è stata sorda alle nostre preoccupazioni ancor prima della pandemia".


2 - "Ci sono persone che vivono per strada; sono divorate dal tema dell’emergenza abitativa (...) non basta distribuire le poche gocce che avanzano dal rubinetto, l'acqua sta finendo"
3 - "Riforma della filiera del cibo. Vogliamo conoscere quanto sono pagati i contadini, gli agricoltori e i braccianti."
4 - "Abbiamo sentito quante donne e uomini non riescono a respirare in Italia perché ci sono delle leggi che ci stanno soffocando. Questo cambio di politica vuol dire abolire i decreti - scusatemi - “insicurezza”, perché generano illegalità. Il dibattito è sul decreto numero 2 ma l’anima è il decreto numero 1. Bisogna cancellarli. Cancellare e abolire anche la Bossi-Fini."
5 - “Non si può continuare a predicare rispetto per l’ambiente e costringere i lavoratori e le lavoratrici, ad esempio all’ex Ilva di Taranto, a dover scegliere tra lavoro e salute.”
6 - “Chiediamo ad alta voce la cittadinanza per i bambini nati e cresciuti in Italia”.

Dunque si sta trattando di lavoro, ambiente, Ius Soli, abolizione dei decreti sicurezza e della Bossi-Fini, diritto abitativo e riforma della filiera del cibo. Sei macro-temi che in alcuni casi risultano essere strettamente interconnessi e che riguardano anche tantissimi cittadini italiani, non soltanto lavoratori stranieri, come vorrebbe far credere una certa propaganda che non coglie mai l'occasione per tacere. Quella di domenica 5 luglio è una Piazza S. Giovanni che reclama rispetto per l'ambiente e per la dignità del lavoro, integrazione e solidarietà, uguaglianza senza distinzione alcuna; è una piazza densa di rabbia e coraggio ma anche di conoscenza e sensibilità verso fenomeni costantemente ignorati dalla retorica politica in quanto scomodi e avversi al "consenso facile". Sono i temi su cui è necessario insistere affinché possano rappresentare in futuro i pilastri identitari del tessuto sociale. Emblematica e fortemente simbolica una frase pronunciata dal sindacalista - oramai anche leader politico - Aboubakar Soumahoro in seguito alla spiegazione del manifesto:


“Se non daranno una dimensione di implementazione a queste proposte andremo noi a realizzarle”

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